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La violenza sui civili è uno dei fenomeni più diffusi all'interno dei conflitti intrastatali. Le immagini televisive e i reportage mostrano di frequente come ribellioni condotte in nome del popolo abbiano il popolo stesso come sua prima vittima. Il 'buon ribelle', il combattente per la libertà, è una figura tanto popolare quanto, spesso, mitica. Molti movimenti ribelli nella realtà non esitano a usare la violenza contro quella stessa popolazione civile di cui si proclamano difensori. Esistono dunque notevoli differenze fra 'miti' e 'realtà' e fra i metodi d'azione e gli obiettivi delle diverse organizzazioni insurrezionali nel mondo reale. L'autore del volume analizza le ragioni che portano i ribelli alla scelta di ricorrere alla violenza contro la popolazione civile. A tal fine, percorre e rivisita la ricca letteratura emersa sul tema negli ultimi anni all'interno delle scienze sociali e propone alcune interpretazioni originali sulle cause di tali decisioni che insistono sulle preferenze strategiche e la struttura organizzativa dei gruppi e sulle sfide che questi si trovano ad affrontare nei contesti 'locali' della loro azione. Alla sezione teorica segue una sezione empirica in cui si prendono in considerazione le azioni di diversi gruppi armati nei conflitti in Sudafrica, Guatemala, Libano e Bosnia-Erzegovina.